La notizia del rilascio di Patrick Zaky ci ha dato molta gioia, ma passati i primi giorni è il momento di dare spazio a una riflessione più approfondita sul contesto e i fatti della scarcerazione.

I media italiani hanno celebrato la decisione del rilascio con toni sensazionalistici, attribuendone il merito alla diplomazia italiana. Quasi nessuna testata ha invece posto la domanda: perché proprio ora?

Quasi nessuno ha provato a mettere in relazione l'improvviso cedimento delle autorità egiziane sul caso Zaky con il generoso supporto economico che l'Italia ha offerto al presidente Sisi per il suo expo dei sistemi d'arma, l'EDEX 2021, di cui Fincantieri è stato headline sponsor. Notizia che non dovrebbe in realtà sorprenderci, dal momento che l'ambasciatore italiano al Cairo Paolo Cantini aveva annunciato la volontà di incentivare al massimo la partecipazione dei produttori d'arma italiani all'EDEX 2021 già l'anno precedente, come riportato dai media egiziani.
Noi di EgyptWide lo abbiamo denunciato tempo fa in questo articolo: "EDEX 2021: LA REPRESSIONE IN EGITTO è MADE IN ITALY?"

Perché la narrazione mediatica sembra rispecchiare fedelmente gli interessi del regime, presentando il governo italiano come artifice "silenzioso" della liberazione di Zaky?

Anche da parte della società civile in Italia il rilascio di Patrick è stato festeggiato con un entusiasmo comprensibile, che tuttavia ha lasciato poco spazio alla riflessione critica.
Possibile che il solo attivismo di piazza, nonostante la proverbiale riluttanza delle istituzioni italiane, abbia prodotto infine il risultato tanto desiderato?
Perché nessuna delle voci che da 22 mesi si levano per la liberazione di Zaky si sta chiedendo quale prezzo sia stato pagato per questo rilascio?

Ora che la vicenda di Patrick sembra essere vicina ad una conclusione positiva- cosa che ci auguriamo profondamente- non possiamo fare a meno di domandarci: e poi?

Siamo attiviste e attivisti della diaspora egiziana.
Siamo stati nelle piazze, nelle stazioni di polizia o nelle carceri dove si consuma la repressione.
Dall'Italia continuiamo a lottare per quelle e quelli di noi che restano tuttora in quelle carceri, e per coloro che ci finiranno anche grazie alle tecnologie di sorveglianza che l'Italia vende all'Egitto.

Lunedì 6 dicembre lo abbiamo detto chiaramente nel nostro intervento in piazza: una volta che Patrick sarà fuori dal carcere, quando la sua vicenda vedrà finalmente la parola "fine", voi dell'Egitto vi dimenticherete.

Una volta che Patrick "che è uno di noi", "che dovrebbe essere italiano", sarà libero, chi resterà a lottare con noi per le migliaia di persone ancora detenute?
Chi sarà al fianco di tutte quelle vittime della repressione che non sono Patrick Zaky?
Riempirete ancora le piazze, anche per coloro che non sono "come voi" e non hanno avuto il privilegio di venire in Italia a studiare?

Non ci basta la retorica secondo cui Patrick sarebbe simbolo di tutte le lotte per la democrazia e la libertà in Egitto.

La libertà e i diritti in Egitto non hanno bisogno di simboli o di eroi, perché hanno già migliaia di voci.

Noi vogliamo libertà e giustizia per ciascuna di quelle persone, e non ci possiamo accontentare di accordi bilaterali al ribasso dove la libertà di un solo uomo viene barattata con il supporto a un intero sistema violento che produce repressione e morte.

Non saremo liber* finché non lo saranno tutt*. Non ci accontenteremo di niente che sia meno di questo.

Ribadiamo che l'oggetto di questa critica non è Patrick Zaky, compagno nella lotta per i diritti umani al quale auguriamo il meglio e che sosteniamo sin dalla nostra nascita come associazione, ma la poca chiarezza della strategia con cui le autorità italiane ed egiziane stanno collaborando sul suo caso.

Non vogliamo che la libertà di Patrick sia sfruttata come moneta di scambio nel traffico di armi e tecnologie di sorveglianza a spese di quelle e quei “60 MIla Patrick” che subiscono tuttora la repressione.

Per questo motivo, a partire da domani, ogni domenica condivideremo la storia di una persona detenuta per il suo impegno sociale o politico o per il suo attivismo. Non possiamo lasciare che la società civile in Egitto venga dimenticata, perché nessuna persona è troppo poco importante per essere lasciata a marcire in carcere.

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